Droga: collante tra criminalità

DROGA: COLLANTE TRA CRIMINALITÀ

di ANTONIETTA MAZZETTE

Le cronache giornalistiche riportano sempre più spesso notizie di sequestri di quantitativi di stupefacenti che vedono il coinvolgimento di singoli individui, ma soprattutto di complesse reti criminali tra loro collegate e solo in parte di natura locale. Basti pensare per ultimo all’indagine sulla ‘ndrangheta partita dalla Procura di Torino e che ha coinvolto Paesi come la Germania, oltre che diverse città sarde come Alghero, Porto Torres e Oristano.

Ciò significa non solo che i mutamenti della criminalità sarda connessi al mercato delle droghe stanno pienamente dentro i cambiamenti culturali più generali, ma anche che a questa offerta corrisponde una domanda, e viceversa. Inoltre, dall’analisi delle sentenze passate in giudicato che il Tribunale di Cagliari ha messo a disposizione dell’Osservatorio Sociale sulla Criminalità in Sardegna (OSCRIM), abbiamo potuto verificare che il mercato degli stupefacenti ormai rappresenta un vero e proprio passaggio chiave della criminalità sarda, sempre più in linea con le tendenze più generali del Paese. Di questa analisi mi limito per brevità a sottolineare due aspetti: 1. sembra essere saltata per aria la certezza che i fenomeni criminosi in Sardegna si caratterizzino nettamente da quelli tipici della criminalità organizzata di stampo mafioso, presente in altre regioni del sud; 2. il mercato delle droghe non coinvolge solo soggetti marginali della società e non ha origini rurali, mentre è certamente un fenomeno urbano che, però, può contaminare e diffondersi anche in aree interne della Sardegna dove ancora prevale un’economia fondata sulla terra. Qui, semmai, si insediano grandi piantagioni di cannabis che necessitano non solo di ampi spazi, ma anche di “addetti ai lavori” che quasi sempre sono interni al mondo rurale, qualunque sia la veste assunta: di guardie armate, produttori, proprietari/affittuari della terra, e così via. In altre parole, sembra essere venuto meno tanto il carattere individualistico (si pensi alla figura del balente), quanto il fatto che si tratti di organizzazioni temporanee che nascono per compiere determinate attività illecite, per poi sciogliersi. Dalle analisi delle sentenze, infatti, abbiamo avuto la conferma che, in molti casi, si tratta di organizzazioni stabili che del traffico illegale di stupefacenti hanno fatto una modalità di vita e un’economia. Ovvero, si tratta di reti che hanno bisogno di tempo per costruire complesse ramificazioni locali, nazionali e internazionali, per lo più collegate alla criminalità organizzata di stampo mafioso, di ingenti investimenti e di legami con la società locale. A ciò si aggiunge il traffico illegale delle armi. In tutti i nostri Report abbiamo ribadito il fatto che in Sardegna circolino troppe armi e che questo fatto non sia considerato un disvalore. Precisiamo che questa diffusione non è dovuta a problemi di difesa privata, mentre è certamente connessa direttamente con la criminalità, in tutte le sue forme. È superfluo sottolineare che questa diffusione rende più “facile” il ricorso alle armi anche per sanare conflitti per così dire minori o futili. In merito, dalle sentenze è emerso con chiarezza il nesso esistente tra traffico di stupefacenti e traffico di armi, la cui tipologia del secondo porta ad ipotizzare un fiorente e sofisticato mercato nazionale ed internazionale di armi, quali: il “MAB” (Moschetto Automatico Beretta), la “Skorpion” (pistola mitragliatrice Browing, calibro 7.65), fucile d’assalto austriaco in dotazione dell’esercito, la “Piper” (pistola semiautomatica). Ciò che colpisce di questo doppio traffico illegale è che la Sardegna appare diventata uno snodo importante di entrata e uscita di queste merci. E ciò è dovuto sia alla posizione geografica di centralità nel Mediterraneo, sia al fatto che sembra essersi saldato il legame tra criminalità tradizionale e criminalità organizzata di stampo mafioso, saldatura finora ritenuta impossibile dalla stragrande maggioranza degli studiosi.

 

Articolo pubblicato su La Nuova Sardegna del 29 maggio 2021