La ricerca epigrafica

Base di statua equestre dell'imperatore Settimio Severo

Un aspetto della ricerca ad Uchi Maius è finalizzata al censimento delle iscrizioni ritrovate nella città e nel territorio limitrofo, patrimonio che sin dalla scoperta della città ha attirato l'interesse degli studiosi fornendo dati nel tempo sempre più consistenti. I primi corpora si interessavano alle iscrizioni rinvenute in varie località nella valle dell'Oued Arkou; con il volume Uchi Maius 1, dedicato ad iscrizioni inedite e a nuove letture, si pensò di delimitare l'area di indagine, escludendo siti come Henchir el Khima, Henchir ech-Chett, El-Mra Meïta, difficilmente legati a Henchir ed-Douâmis.

Il progetto, coordinato da M. Khanoussi e A. Mastino, ha portato alla compilazione di 466 schede informatiche secondo le norme del sistema P.E.T.R.A.E., dedicate al materiale epigrafico rinvenuto nel corso di nove campagne; si è proceduto alla restituzione grafica (curata dal disegnatore S. Ganga) e fotografica (ad opera di C. Marras) dei singoli testi; non si è trascurato lo studio delle iscrizioni confluite nel volume VIII del Corpus Inscriptionum Latinarum (nrr. 15446-15467; 26239 - 26396), ma attualmente perdute (ben 166 testi). L'analisi dei materiali ha permesso la ricostruzione di iscrizioni danneggiate dall'uomo o dagli agenti atmosferici.

Sono stati in questo modo raccolti 549 testi, la maggior parte frammentari, pertinenti alle differenti tipologie epigrafiche.
Le iscrizioni pubbliche risultano incise per lo più su blocchi di calcare grigiastro o giallastro, molto compatto e resistente, più raramente su materiali pregiati, su calcare durissimo simile al marmo, su calcare organogeno, su calcare chiaro quasi marnoso, su calcare chiaro tenero ma compatto.

Questi due ultimi materiali sono impiegati anche nell'epigrafia funeraria (i raffinati cippi e stele con decorazione floreale); la maggior parte degli epitafi, tuttavia, utilizzava un calcare rossastro molto duro ed il calcescisto.
I testi documentano il culto di almeno 12 divinità, 4 flamines perpetui e 4 sacerdotes Cererum, 1 sacerdos bidentaliu[m], forse 1 pontifex, 1 sacerdos Urbis Romae Aeternae; in età cristiana sono noti 1 virgo ed 1 fidelis. Le iscrizioni mostrano la titolatura di 28 imperatori e di 4 donne della famiglia imperiale. Fra i notabili si ricordano 3 senatori, 3 proconsoli d'Africa, 1 legatus pro pretore, 1 vir perfectissimus, 4 viri egregii, 1 praefectus fabrum, 3 equites Romani, 2 equo publico adlecti, 3 honestae memoriae viri.

Le iscrizioni indicano durante l'età del pagus l'istituto del magister (7 iscrizioni) e del patronus (3 iscrizioni); con la fondazione della colonia abbiamo 1 edile, 1 duoviro, 6 patroni; ad età imprecisata potrebbe risalire un defensor.
Fra le assemblee locali domina ovviamente il ricordo dell'ordo decurionum (si noti la menzione di 4 decuriones), il populus è esplicitamente ricordato 4 volte, 1 volta si fa riferimento alla plebs; più incerta la presenza delle curiae (fig. 3). Il ricordo di alcuni funzionari cartaginesi prova lo stretto legame fra il pagus e la metropoli sino al 230 d.C.: 1 flamen perpetuus ; 1 duovir ; 4 praefecti iure dicundo ; 1 quaestor ; 4 sacerdotes Cererum ; 1 decurio.

Il rapporto con Cartagine è d'altronde sottolineato dalle 18 le attestazioni della tribù Arnensis, la tribù dei cives della capitale provinciale: è curioso notare che questa viene indicata in appena 4 iscrizioni pubbliche. È documentata anche la presenza occasionale di un tribulo della Horatia (originario di Assuras o di Uthina?). Appena 4 liberti sono ricordati in una città dove, paradossalmente, non scarseggiano gli antroponimi greci (13 uomini e 4 donne), alcuni dei quali traduzione di nomi punici.

Antonio Ibba

Testo tratto dal catalogo della mostra "La collina dei sotterranei. Un decennio di scavi in Tunisia" (Sassari, Tunisi, Rabat 2004).